Ánthron (dal greco: cavità profonda e oscura; grotta, caverna) è un progetto di ricerca visiva che esplora il territorio naturale e antropico di Atena Lucana attraverso una rilettura magica e onirica. Il paesaggio, osservato come un’entità viva, oscura e misteriosa, viene interpretato come una presenza che “inghiotte” la luce e costruisce una visione densa di significati simbolici.

La morfologia di Atena Lucana e delle aree circostanti, come i Monti Alburni, è caratterizzata da una ricca presenza di cavità naturali: grotte che, un tempo, furono rifugi e luoghi di insediamento per comunità primitive. Questi spazi, percepiti come separati dal mondo esterno, erano il teatro perfetto per entrare in sintonia con una dimensione naturale e ancestrale.

In passato, le grotte non erano solo ripari fisici, ma anche luoghi di raccoglimento spirituale, contemplazione e pratica dell’ascesi. Qui, l’eremitismo si intrecciava con il desiderio di una connessione più profonda con la terra, vissuta come un grembo protettivo e al contempo enigmatico.

In passato, le grotte non erano solo ripari fisici, ma anche luoghi di raccoglimento spirituale, contemplazione e pratica dell’ascesi. Qui, l’eremitismo si intrecciava con il desiderio di una connessione più profonda con la terra, vissuta come un grembo protettivo e al contempo enigmatico.

Ánthron si propone di catturare questa dualità tra luce e ombra, presenza e assenza, rivelando un legame intrinseco tra la conformazione del paesaggio e il suo potere evocativo. Le grotte diventano metafore di un viaggio interiore e collettivo, richiamando l’idea di un varco verso l’ignoto, un luogo dove il mondo visibile e quello invisibile si incontrano e si fondono

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