ARCHIVIO ATENA

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ARCHIVIO ATENA È UN'IDEA DI PAESE

Megalitica – Anteprima Archivio Atena


9 progetti artistici sul territorio dialogano con la storia e i linguaggi della comunità locale

Un megalite è una pietra usata per costruire una struttura più grande.
Megalitica è il risultato della prima residenza artistica ospitata dal comune di Atena Lucana. Rappresenta la prima pietra che costituisce l’anteprima del progetto Archivio Atena, che avrà luogo nel comune nei prossimi quattro anni.
Ánthron

Ánthron

Di Alessia Pagotto e Dario D'Alessio

Ánthron (dal greco: cavità profonda e oscura; grotta, caverna) è un progetto di ricerca visiva e di rilettura in chiave magica e onirica del territorio naturale ed antropico di Atena Lucana, affrontato come fosse un’entità viva, tetra e misteriosa che “inghiotte” la luce e costruisce la visione. La morfologia delle zone intorno ad Atena Lucana e dei Monti Alburni è ricca di cavità naturali che un tempo erano rifugi e luoghi di insediamento primitivo. Percepiti come spazi contemplativi e isolati dal mondo, le grotte erano luoghi perfetti per trovare un legame più forte con il mondo naturale e ancestrale, per praticare l’ascesi o l'eremitismo.

Il progetto fotografico è espressione di un immaginario visivo quasi mistico che, partendo dall’esplorazione di sentieri e angoli nascosti nell’ombra, realtà notturne e immerse nel buio, cavità sotterranee e luoghi di soglia, mira a rappresentare una geografia insolita, che ricorda la superficie di un altro pianeta. Grotte, foreste, querce morte; insidie, misteri, anfratti si rivelano e vengono rivelati; si susseguono e si compenetrano per creare suggestioni visionarie che si manifestano nel buio e nella notte, diventando varchi, crepe labirintiche dalle quali penetra una luce inconsueta, misteriosa e lontana dalla realtà. 

Ater

Ater

Di Nicole Marchi Andrea Valzania

νέμειν; νομάς-άδος; nomăde(m): errante per i pascoli. 

Il pastore incarna lo stadio primitivo dell’immagine del viandante, è antesignano del camminare di Thoreau, del vagabondare di Kerouac e del poetare di Whitman. Il suo mondo è manifesto di un nuovo e insieme antico equilibrio tra uomo e natura, umano e animale, e riprende quella pratica di nomadismo che le civiltà stanno di mano in mano abbandonando. Il pastore si fa personaggio controcorrente e sovversivo, si agita come vagabondo per le terre. Proviene dal grembo della dea madre, è un mortale Hermes, messaggero e annunciatore di tutti i miracoli.

“Ater” si propone di esplorare questa materia a partire dall’esperienza vissuta tra le colline di Atena Lucana e di giungere a un racconto, una restituzione e un lascito. Tutto si anima all’interno di una dimensione mitologica e rituale, sotto la guida sapiens degli ultimi due pastori del luogo che ogni giorno si consacrano ai propri animali e si fanno loro simili.

“Ater” è anche 36 fotografie. È un girovagare dell’occhio su due linee. È magma.

Brusio alle orecchie, bagliore agli occhi

Brusio alle orecchie, bagliore agli occhi

Di Marta Vultaggio

La memoria tende ad impastare i ricordi, a trasformare l’immagine definita di un luogo o di momento in una forma offuscata, in pura impressione emozionale, intangibile, eppure potentissima. La nostalgia, quale dolore e insieme desiderio di tornare a vivere un luogo familiare lontano, è diventato lo strumento di ricerca del progetto. 

Le forme di superfici domestiche e pubbliche, oggetti sacri e strumenti della quotidianità appartenenti al passato e alla tradizione, sono state impresse e restituite all’esperienza presente. 

Queste forme, custodite da un materiale plastico, sono però in negativo, mancanti della reale fisicità dei corpi da cui derivano. Raccontano lo spopolamento del centro storico di Atena Lucana, avvenuto in seguito al terremoto del 1980, e la perdita di quella dimensione di paese. Raccontano la trasformazione degli oggetti, abitudini e tradizioni che una comunità produce e condivide. Cercano di far riemergere un passato culturale altrimenti inaccessibile, pur mantenendo l’impossibilità a riviverlo appieno.

Che cosa resta dei tuoi passi?

Che cosa resta dei tuoi passi?

Di Francesco Gaviano e Alida Lardini

“Che cosa resta dei tuoi passi? 

Ora guardi con miseria

ciò che era grande quanto il cielo 

e che per noi era casa”

Arrivare al Serrone significa essere accolti da rovine di un passato arcaico, da un tempo che, appartenente al mito, cela un mondo invisibile.

"Che cosa resta dei tuoi passi?" invita a seguire le tracce di ciò che resta in un luogo, patrimonio archeologico alle pendici di Atena Lucana, nascosto dalle colline e da un passato che lo ha lentamente occultato.
A rilevamenti sul campo, necessari a documentare lo stato attuale di quelle che furono mura megalitiche, si aggiungono suggestioni che si perdono dietro ai passi di un Ciclope.
Una serie di immagini insieme ad un’opera video in soggettiva propongono così l’esperienza visiva del poter “vestire” i passi di questa figura mitica che, attraverso il suo punto di vista, suggerisce uno sguardo "altro" sul paesaggio circostante.
Mettersi in cammino è quindi il punto di partenza per avvicinarsi ad un mondo che, meno invisibile di quel che si possa credere, è da leggere piuttosto come potenzialmente vivo: un invito aperto da lasciare al territorio e a chi lo abita.

Dietro al sasso

Dietro al sasso

Di Michela Del Longo, Arianna Mattietti, Luca Padovani

Ad Atena gli alberi si fanno i dispetti e i cinghiali mangiano caramelle.

I tronchi si contorcono, diventando arti e volti segnati, presenze scalze che comunicano attraverso segnali luminosi: i busti scolpiti dai fulmini sono diventati case, hanno rinunciato a portare ombra con la loro altezza e hanno scoperto il sole, che qualcuno ha indirizzato verso i fiori affinché i frutti crescessero grandi e succosi e i loro gambi lunghi e taglienti. 

Dietro al sasso raccoglie una serie di 21 immagini realizzate nelle aree naturali di Atena Lucana, tra grotte, campi e boschi. 

L’idea di progetto è scaturita dal contatto diretto con la materia, oggetto di fascinazione e strumento di gioco, restituito in tutto il suo incanto attraverso la manipolazione della luce. 

A questo approccio fisico è seguito uno studio del territorio che ha portato ad una conoscenza esperienziale dello stesso.

La narrazione si sviluppa in maniera non lineare attraverso  scene indipendenti ma interconnesse che assumono la forma di atlante. 

Ella è guarita

Ella è guarita

Di Gaia Credentino e Marco Gennari

“Una giovine donna figlia di Michele Pessolano, era agli estremi e la vegliavano una notte, timorosi che non avrebbe la dimane, quando ella, cosciente o no, s’alza di repente, e tra lo stupore di tutti, si veste da sé, e s’avvia alla cappella di San Nicola. Tutti la seguano taciti e commossi: si apre la chiesa, e la moribonda va a prostrarsi dinanzi la statua di san Ciro. Ella è guarita.”

Miracolo di San Ciro del 18 maggio 1863

 (Mons. Salvatore Raia, San Ciro Medico, Eremita e Martire, 1902, pag. 92)

Ella è guarita è un progetto che nasce dal desiderio di osservare da vicino gli ex voto presenti nel santuario di San Ciro di Atena Lucana. “Ex voto” è una locuzione latina derivata dall’ellissi dell’espressione ex voto suscepto - secondo la promessa fatta - , che indica una formula posta su oggetti offerti nei santuari a ringraziamento del santo che ha esaudito una preghiera. In questo progetto l’ex voto viene catalogato, analizzato, osservato nella sua totalità, fotografando il fronte e il retro, dove talvolta sono stati lasciati dei segni, firme di coloro che donavano l’oggetto a San Ciro. Il progetto tenta di recuperare quel legame tra individuo e oggetto donato, accostando ad una selezione di ex voto altrettanti ingrandimenti di immagini, perlopiù ritratti e foto di gruppo durante le festività del paese”. L’immagine d’archivio viene ingrandita come a ricercare in profondità un gesto, un’ombra, una parte del volto, memoria di una vita, di un’individualità e di un miracolo ricevuto.

La Madonna nelle pieghe

La Madonna nelle pieghe

Di Gennaro Mungiguerra

La Madonna nelle Pieghe è un progetto che nasce dall’esigenza di rendere visibili tracce sommerse, velate eppure presenti orme nell’abisso del tempo. Quelle tracce, sistematicamente, strutturano e modificano nel corso degli anni l’habitus di un determinato gruppo sociale. Nella fattispecie, il campo di indagine scelto per questo lavoro è lo spazio domestico, nido della tradizione, protagonista identitario per eccellenza del nucleo sociale definibile come “famiglia”. Da quello spazio sono stati prelevati elementi collegati all’idea di “nido” e di luogo della memoria condivisa, come parte di corredi di biancheria di famiglia, tramandati di generazione in generazione, ma anche utensili, decorazioni, fino ad arrivare alla testura delle mura abitative e delle porte, soglie di ingresso di uno spazio privato; tali elementi sono stati documentati utilizzando la tecnica del frottage. La ricerca si e’ concentrata sul legame tra l’iconografia cristiana delle martiri, vergini o misericordiose, e l’archetipo della figura della donna, divisa tra la madre e la custode del focolare. Il velo della Madonna, del quale Atena Lucana mostra tracce simboliche all’interno della rappresentazione della Madonna  della Colomba, diventa effigie della sua verginità e santità. I campioni prelevati diventano così sudari sui quali sono resi manifesti i fregi culturali di un dato archetipo sociale nella propria irrinunciabile identità, quella del genere femminile. I segni presenti rimandano a una tradizione di ritualità e di verità non scritte, ma tacitamente condivise dal gruppo,  come quella della prima notte, della ricchezza da portare in dote.

L'intreccio

L'intreccio

Di Massimiliano Amati

L’Intreccio è il progetto di un’azione processionale in maschera che nasce per uno scopo magico: rivitalizzare i legami e gli scambi tra i suoi abitanti evocando un’interazione trans-generazionale. 

Il nome “Intreccio” sintetizza la narrazione comunitaria della processione che collega simbolicamente i fili delle diverse generazioni durante il trasporto di un  nastro di cotone guidato da persone di ogni età. Il tessuto è ricamato con i pensieri dei bambini che illustrano i loro desideri e le loro paure ed è sostenuto dagli adulti che indossano maschere ricavate da tovaglie. In testa ci sono i più giovani alla guida di un timone che guarda al futuro. Ogni individuo si connette agli altri intrecciando la propria maschera al nastro in movimento: la processione si trasforma in un’unica forma condivisa e solidale, metafora della comunità.  Essa scorre nella memoria di Atena Lucana, gli stretti passaggi del centro storico oramai quasi del tutto abbandonato. 

Il progetto restituisce l’esperienza del suo autore nella terra di Atena Lucana, cominciata con un laboratorio di maschere per bambini grazie alla preziosa collaborazione con l’architetto e insegnante Caterina Loffredo.

Mamma Quercia

Mamma Quercia

Di Daniele Cimaglia, Giuseppe Odore, Nunzia Pallante

Cammina per le vie di Atena indossando un mantello ricamato di blu. Allarga i rami sulle spalle per abbracciare le famiglie della comunità e lungo il tronco fonde nella corteccia le case del paese. Le sue radici toccano terra e porta con sé una maschera, metà animale, metà uomo.

Nella figura della quercia in quanto albero antico riecheggia il ricordo dei nostri primi parenti, capace di ospitare un albero genealogico. In questo scenario un elenco ordinato di nomi segue il grado di parentela di ogni componente di una famiglia tra diverse generazioni. "Mamma Quercia" allarga il solito schema. Ogni ramo restituisce le foto di ogni fondo tra quelli raccolti finora per l'Archivio ma senza l'esito di una fedele genealogia. Ne esce fuori il volto di una comunità che si ramifica tra i suoi abitanti, che al di là dei legami di sangue contribuiscono a formare l'identità del territorio. 

“Mamma Quercia” è un mantello in lino e cotone assemblato e ricamato con l'aiuto delle ricamatrici di Atena e stampato in cianotipia. La maschera triforme unisce le figure mitologiche della civetta e del cervo a quella degli ex voto che qui trovano spazio nelle “promesse fatte” e offerte all'albero madre.